L’esterovestizione e l’abuso di diritto

Con la sentenza num. 23150 del 25 Luglio 2022, la Cassazione si è espressa nuovamente sul tema dell’esterovestizione e, tra gli altri, sul suo rapporto con la disciplina dell’abuso del diritto.

L’Amministrazione finanziaria, recependo i rilievi del processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, emetteva un avviso di accertamento per mezzo del quale veniva contestata l’esterovestizione ad una società formalmente costituita ed avente sede legale nella Repubblica Popolare Cinese, che svolgeva in tale sede l’attività industriale di fabbricazione di resistenze, condensatori ed acceleratori.

Tale contestazione nasceva dalla circostanza che alcuni degli amministratori della società cinese fossero contestualmente amministratori della società controllante di diritto italiano, ed effettivamente non fossero mai andati in Cina per assumere in loco le decisioni strategiche relative alla gestione aziendale, ma vi si fossero recati sporadicamente solo per motivi logistici.

Sulla questione, la sentenza in esame ha richiamato il principio di diritto in base al quale i criteri di collegamento ex art. 73 del TUIR hanno la natura di norme sostanziali e trovano applicazione con l’obiettivo di attrarre in Italia la residenza di entità costituite all’estero solo formalmente, a prescindere dalla sussistenza di qualsivoglia forma di abuso del diritto: in altri termini, seppure la sentenza non escluda che questo possa accadere in relazione a particolari fattispecie, gli accertamenti in tema di esterovestizione non rientrerebbero necessariamente nell’alveo dell’abuso del diritto.

La Corte ha, inoltre, enunciato che nell’identificare il PEM (place of effective management) ai fini convenzionali, vada data rilevanza anche al luogo in cui è svolta l’attività principale della società (oltre che al luogo in cui vengono prese le decisioni strategiche per la gestione della stessa) ed ha accolto il ricorso del contribuente.