Accesso alla PEX su plusvalenze di società UE senza stabile organizzazione in Italia

La Sentenza della Corte di Cassazione n. 21261 del 19/07/2023 ha stabilito che il regime Pex (Participation Exemption) è applicabile anche alle plusvalenze realizzate da società residenti nell’Unione Europea che non abbiano una stabile organizzazione in Italia. Questa pronuncia è di rilevante interesse e potrebbe comportare modifiche nell’attuale assetto del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), le quali potrebbero trovare spazio già nei decreti attuativi della delega fiscale recentemente approvata dal Parlamento (Legge 111/2023).

La questione in esame riguardava una plusvalenza realizzata da una holding francese che operava senza stabile organizzazione in Italia. Questa plusvalenza aveva origine dalla cessione di una partecipazione in una società italiana. Sebbene l’articolo 8 lett. b) del Protocollo alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Francia considerasse la plusvalenza imponibile in Italia, l’Agenzia delle Entrate aveva negato il riconoscimento del regime di esenzione quasi totale previsto dall’articolo 87 del TUIR. Attualmente, secondo la normativa vigente, quando una società italiana (o una società estera con stabile organizzazione in Italia) cede una partecipazione in un’altra società italiana e può usufruire del regime Pex, il carico fiscale è dell’1,2%. Al contrario, se la cessione è effettuata da una società estera senza stabile organizzazione in Italia, si applica un’imposta sostitutiva del 26%.

La Corte di Cassazione ha affermato che l’esclusione dalla Pex per le società senza stabile organizzazione in Italia è contraria ai principi comunitari di libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali (articoli 49 e 63 del TFUE). Questa sentenza si allinea con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (causa C-540/07 del 2009) riguardo all’analogo tema della ritenuta sui dividendi pagati alle società UE. Il legislatore italiano aveva risposto a questo caso introducendo il comma 3-ter all’art. 27 del D.P.R. 600/73, stabilendo una ritenuta del 1,2% per equiparare la fiscalità a quella dei soci italiani.

L’orientamento espresso dalla Corte di Cassazione avrà implicazioni sulle società residenti in Francia coinvolte nelle dismissioni di partecipazioni strategiche in imprese italiane. Queste società, nelle stesse condizioni, potrebbero essere svantaggiate rispetto ai soci italiani. Seguendo la decisione della Corte, la fiscalità delle plusvalenze potrebbe essere gestita attraverso l’applicazione diretta della Pex o, in maniera prudente, attraverso la tassazione completa seguita da una richiesta di rimborso delle maggiori imposte versate. Per le altre società dell’UE protette dai trattati contro le doppie imposizioni, la questione non sussiste in quanto di solito l’Italia non ha potestà impositiva sulle plusvalenze, le quali vengono tassate esclusivamente nello Stato di residenza del cedente.

Inoltre, è possibile che questa sentenza abbia riflessi più ampi. Si ritiene che il principio di libera circolazione dei capitali sia applicabile non solo all’interno dell’UE, ma anche a favore di soggetti extracomunitari. Alcune Convenzioni prevedono la possibilità per l’Italia di esercitare una tassazione concorrente sulle partecipazioni “rilevanti” (come Cina, Corea del Sud e Israele). Pertanto, sarà importante verificare se eventuali modifiche normative coinvolgeranno anche i residenti di questi Stati o se saranno rivolte almeno agli Stati UE e aderenti allo Spazio Economico Europeo, come è accaduto per i dividendi.

 

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