Il conferimento a realizzo controllato nella delega alla riforma fiscale

In generale, all’interno del contesto delle imposte sui redditi, il trasferimento di beni, inclusi i titoli di partecipazione, è equiparato a una vendita a titolo oneroso. Il corrispettivo considerato è il valore normale dei beni ceduti, come stabilito dall’articolo 9, commi 2 e 5, del Tuir.

In deroga parziale a questo regime, gli articoli 175 e 177 del Tuir introducono un regime cd. a “realizzo controllato”, che non implica una neutralità fiscale per le operazioni di trasferimento, ma richiede, ai fini della determinazione del reddito della conferente, un criterio convenzionale per valutare le partecipazioni ricevute a seguito del conferimento. Recentemente, il comma 2-bis dell’articolo 177, introdotto con il D.L. 34/2019, ha esteso questo regime, al sussistere di determinate condizioni, anche ai casi in cui la società che riceve la cessione non acquisisce o aumenta il controllo della società ceduta per obbligo legale o vincolo statutario.

L’applicabilità del “regime di realizzo controllato” nel caso di incremento patrimoniale rilevato dalla conferitaria inferiore al costo delle partecipazioni fiscalmente riconosciuto in capo alla conferente ha visto il susseguirsi di interpretazioni discordanti da parte dell’Amministrazione finanziaria. Inizialmente, con la risoluzione n. 38/E/2012, si sosteneva che l’incremento patrimoniale registrato dalla conferitaria, inferiore al costo fiscalmente riconosciuto in capo alla conferente, non determinasse l’inapplicabilità del regime, ma l’indeducibilità della minusvalenza, se non assistita da una perdita in termini di valore normale. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate con il Principio di diritto n. 10/2020, ha affermato che il predetto regime si applica solo se emerge una plusvalenza per il conferente dal confronto tra il costo fiscale e l’incremento di patrimonio netto della società cessionaria, lasciando intendere che, in caso contrario (ovverosia, in ipotesi di conferimento “minusvalente”), si sarebbe dovuto applicare il regime ordinario del realizzo “a valore normale”.

Con la recente Risoluzione n. 56/E/2023 sono giunti ulteriori chiarimenti; infatti, l’Agenzia delle Entrate, riprendendo le considerazioni esposte nella precedente risoluzione n. 38/E/2012, ha meglio chiarito la propria linea interpretativa. È stato, in particolare, affermato che “[…] i commi 2 e 2-bis dell’art. 177, del Tuir si applicano nelle sole ipotesi di conferimenti di partecipazioni il cui valore normale sia superiore al relativo valore fiscale. Pertanto, nel caso in cui dovesse verificarsi la condizione sopra esposta, ma il costo fiscale della partecipazione conferita dovesse essere maggiore dell’incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria (cd. conferimento minusvalente), tale circostanza non determinerà l’applicazione delle regole di determinazione del reddito previste dall’articolo 9 del Tuir in capo al soggetto conferente. In altri termini, la differenza (negativa) tra il minor valore della partecipazione ricevuta dal conferente, successivamente all’operazione di conferimento, rispetto al valore fiscale della partecipazione conferita, comporta comunque l’applicazione dei commi 2 e 2-bis, dell’articolo 177, del Tuir, ma non consente al conferente di dedurre la minusvalenza”.

Accogliendo con favore il contenuto dell’ultimo orientamento menzionato, rimane da chiarire la determinazione del costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni nel caso di un conferimento “minusvalente”. In particolare, si sollevano le seguenti questioni:

  • se la società conferitaria può o meno ereditare il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione in capo alla conferente. In caso contrario, se questo debba essere equivalente al minore incremento patrimoniale registrato nel conferimento, comportando la “distruzione” di una parte del costo fiscale della partecipazione;
  • se il costo delle partecipazioni conferite, generato dal conferente attraverso l’operazione, può essere “trasferito” in pari ammontare sulla partecipazione ottenuta in cambio, considerando l’indeducibilità della minusvalenza realizzata, e se ciò comporta la “distruzione” di una parte del costo fiscale della partecipazione oggetto del conferimento.

In altre parole, è necessario determinare se, una volta che viene disconosciuto fiscalmente il riconoscimento di una minusvalenza determinata secondo il criterio convenzionale dell’articolo 177 del Tuir, l’operazione mantenga la sua natura “realizzativa” a tutti gli effetti, oppure se il mancato “riconoscimento fiscale” della minusvalenza possa essere valorizzato. Questo potrebbe garantire la conservazione del costo fiscale originario e, di conseguenza, rispettare il principio di divieto di doppia imposizione sancito dall’articolo 163 del Tuir.

Le questioni tecniche sollevate potrebbero trovare soluzione nell’ambito della riforma fiscale, poiché l’articolo 6, comma 1, lett. f) della Legge 111/2023 prevede la sistematizzazione e la razionalizzazione della disciplina dei conferimenti di azienda e degli scambi di partecipazioni mediante conferimento. La riforma fiscale potrebbe rappresentare l’opportunità per:

  • recepire, anche normativamente, la posizione assunta dall’Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 56/E/2023, magari attraverso una norma di interpretazione autentica;
  • prevedere che, nel caso in cui fosse disconosciuto fiscalmente il realizzo di una minusvalenza determinata con il criterio convenzionale previsto dall’articolo 177 Tuir, a tale mancato “riconoscimento” venga accompagnata la conservazione del costo fiscale della partecipazione, in capo alla conferente e alla conferitaria.

 

 

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