Copertura delle perdite mediante utilizzo del saldo attivo di rivalutazione

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 219 del 2025, ha affrontato il tema dell’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione in sospensione d’imposta per la copertura delle perdite di bilancio, confermando un orientamento che interessa in maniera concreta le società che si trovano a gestire situazioni di squilibrio patrimoniale. Il caso sottoposto all’Amministrazione riguardava una società beneficiaria di una scissione, alla quale erano state trasferite partecipazioni contabilizzate, ai sensi dell’art. 173 del TUIR, insieme a capitale sociale, un avanzo di fusione qualificato come riserva di capitale e, soprattutto, un saldo attivo di rivalutazione derivante dall’applicazione dell’art. 15 del DL 185/2008.

È bene ricordare che tale saldo attivo costituisce una riserva in sospensione d’imposta di tipo “moderato”, poiché l’obbligo impositivo sorge solo in caso di distribuzione ai soci, diversamente dalle riserve in sospensione “radicale” che diventano imponibili in ogni circostanza di eliminazione dal bilancio. A seguito delle successive svalutazioni operate sulle partecipazioni, dapprima per perdita durevole di valore e in seguito con l’applicazione retroattiva del metodo del patrimonio netto, la società si è trovata a dover fronteggiare perdite consistenti, manifestando la volontà di coprirle anche mediante l’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione.

La questione posta presentava due profili di interesse. Da un lato, quello civilistico, relativo all’ordine con cui le riserve possono essere impiegate a copertura delle perdite. Secondo la giurisprudenza consolidata della Cassazione (si vedano, fra le altre, le sentenze 6 novembre 1999 n. 12347, 2 aprile 2007 n. 8221 e 5 maggio 2022 n. 14210), occorre rispettare una precisa gerarchia che tenga conto dei vincoli a tutela dei creditori, con la conseguenza che le riserve in sospensione d’imposta dovrebbero essere utilizzate soltanto in ultima istanza, analogamente al capitale sociale. Nel caso concreto, la società aveva già dichiarato di volersi attenere a tale criterio, utilizzando il saldo attivo solo dopo l’impiego di altre poste disponibili, evitando quindi ogni possibile contestazione.

Dall’altro lato, emergeva il profilo fiscale, ben più delicato. La società temeva infatti che l’utilizzo della riserva potesse determinare la decadenza dal regime di sospensione, con conseguente assoggettamento a tassazione. Tale incertezza trovava fondamento in precedenti posizioni dell’Agenzia, come la risposta a interpello n. 316 del 2019, nella quale si era affermato che la compensazione con disavanzi di fusione assimilabili a perdite avrebbe comportato l’immediata imponibilità della riserva. Tuttavia, con la circolare n. 6 del 2022 l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che solo gli impieghi che, direttamente o indirettamente, comportano una sostanziale attribuzione della riserva ai soci determinano la perdita della sospensione.

È proprio questa impostazione che si riflette nella risposta del 2025: l’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione per la copertura delle perdite, trattandosi di un’operazione di carattere interno e priva di effetti di distribuzione, non comporta né l’assoggettamento a imposta né l’obbligo di ricostituzione della riserva, anche qualora la riduzione venga deliberata dall’assemblea straordinaria ai sensi dell’art. 13, comma 2, della legge 342/2000.

In definitiva, la pronuncia conferma un principio di neutralità fiscale che assume rilievo pratico per le società dotate di riserve in sospensione: il loro impiego a copertura delle perdite non produce conseguenze impositive finché resta circoscritto alla dinamica interna del patrimonio netto e non si traduce, neppure in via indiretta, in un arricchimento per i soci.

 

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